domenica 29 dicembre 2013

La primavera dei popoli



Nella prima metà del ‘900 il mondo era passato per l’esperienza di due guerre mondiali e l’Europa, principale teatro dei due conflitti, aveva assistito al progressivo coinvolgimento delle popolazioni civili nei conflitti sino all’annientamento sistematico di parte dei propri membri. Nel corso degli anni Cinquanta le popolazioni sono tutte impegnate nella ricostruzione materiale e morale della società dalle ferite lasciate aperte dalla guerra appena conclusosi. La ricostruzione avviene però nella cupa atmosfera del mondo bipolare nato dal trattato di Yalta. La Guerra Fredda fra i due blocchi minacciava di riaprire un terzo conflitto mondiale e all’interno di essi dominava la repressione del dissenso del rispettivo modello, come testimoniano la caccia alle streghe e l'espulsione dai luoghi di lavoro nel mondo occidentale e la repressione del dissenso e delle rivolte nei paesi oltrecortina. E' invece negli anni Sessanta, con l’affacciarsi sulla scena delle generazioni nate alla fine del conflitto che emergono nuove inquietudini e si apre una lunga stagione di lotte che mettono in discussione i principi sui cui si reggeva la società del dopoguerra e gli stessi equilibri stabiliti dalla Guerra Fredda. Una nuova “primavera dei popoli”, un vento di rivolta investe non solo le società occidentali, ma anche i paesi oltrecortina e quelle dei paesi in via di sviluppo. Questa stagione avrà una durata più o meno lunga a seconda del paese e del grado di repressione messo in atto dalle rispettive classi dirigenti. Tuttavia vi sono alcune caratteristiche che accomunano tutti i paesi che ne sono investiti. In primo luogo è una rivolta generazionale, sono i giovani ad esserne i grandi protagonisti, lo saranno gli studenti universitari e medi, ma anche le giovani leve operaie. Il primo obbiettivo della rivolta è l'autoritarismo che domina i rapporti sociali e tutte le istituzioni sono assoggettate a una feroce critica- Il secondo elemento è che la rivolta è generale perchè investe tutti i rapporti sociali a partire dalla famiglia stessa, l'educazione, la scuola, la salute, la giustizia, il lavoro: basti pensare alla nascita in Italia di organizzazioni come Magistratura Democratica, Medicina Democratica, Psichiatria Democratica che mettono in discussione l'uso repressivo e classista delle rispettive istituzioni.
Per quanto concerne la primavera italiana essa è stata caratterizzata da una radicale conflittualità operaia che ha investito le principali fabbriche i cui elementi generalmente riconosciuti sono stati il protagonismo dell'operaio-massa, del Cipputi rappresentato nelle strisce di Altan, la rivendicazione egualitaristica e l'introduzione della democrazia di fabbrica con l'istituzione del sindacato dei consigli. Inoltre forse in nessun altro caso l'incontro fra giovani studenti e giovani operai è stato così proficuo come nel caso italiano riuscendo a mantenere alta la conflittualità sia dentro che fuori dalla fabbrica per tutto il decennio successivo. Per questa ragione molti analisti hanno giudicato il caso italiano come un'eccezione, un'anomalia rispetto al resto del mondo.
Se si volesse indicare una periodizzazione spazio-temporale del fenomeno potremmo indicare Torino quale città simbolo della parabola delle lotte operaie: nel  1962 avvengono gli scontri di Piazza Statuto con i quali le giovani generazioni operaie riprendono l'iniziativa  mettendo fine ad un decennio di sconfitte  subite. Questa straordinaria stagione di lotte operaie si chiuderà nel 1980 con la marcia dei quarantamila quadri che decreta la sconfitta del protagonismo operaio caratterizzato dal sindacato dei consigli.
Si è trattato di un lungo ciclo di lotte che ha modificato per lungo tempo le relazioni industriali in Italia, ma la critica all’autoritarismo e la messa in discussione dei principi fondanti la società borghese italiana hanno prodotto altre grandi trasformazioni sociali: dalla scuola alle università, dalla magistratura all’insegnamento, dalla medicina alla psichiatria, dalla religione alla famiglia, dalle relazioni sociali a quelle sessuali ed affettive.

sabato 28 dicembre 2013

L'Angelo della Storia (1). Tesi di filosofia della storia di Walter Benjamin.



Working Class secolo XIX - XX - XXI




C'è un quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, e le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine cresce davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.

W. Benjamin, Tesi di filosofia della storia (1940), in Id., Angelus novus. Saggi e frammenti, trad. it. di R. Solmi, Torino, Giulio Einaudi editore.

giovedì 12 dicembre 2013

William Gambetta, Democrazia Proletaria. La nuova sinistra tra piazze e palazzi



Invito a vedere anche il sito www.democraziaproletaria.it 

William Gambetta, Democrazia Proletaria, Ed. Punto Rosso, Milano 2010

William Gambetta, Democrazia Proletaria, Ed. Punto Rosso, Milano 2010


William Gambetta, Democrazia Proletaria. La nuova sinistra tra piazze e palazzi. Edizioni Punto Rosso, Milano, 2010 Per tutto il decennio successivo al Sessantotto, quando l’urto dei movimenti di protesta scosse il sistema politico repubblicano, l’aspirazione della nuova sinistra a rappresentare politicamente quella conflittualità sociale fu costante. Dopo le delusioni per la prova elettorale del 1972, fu il cartello elettorale di Democrazia proletaria, nel 1976, a segnare il passo in quella direzione. Un’esperienza che raccolse le principali formazioni dell’estrema sinistra – da Avanguardia operaia al Partito di unità proletaria, da Lotta continua al Movimento lavoratori per il socialismo – costituendo il tentativo più significativo di rappresentare le mobilitazioni di piazza negli equilibri dei palazzi del potere. Un’iniziativa unitaria percorsa da dinamiche e contraddizioni irrisolte, che si tradusse – alla luce dei risultati del 20 giugno – in una crisi irreversibile, nonostante l’elezione di una piccola pattuglia di sei deputati. Da essa, attraverso un tormentato processo di disgregazioni, scissioni e fusioni, l’area della nuova sinistra uscì ridisegnata. Nacque in quel contesto il partito di Democrazia proletaria, la cui assemblea costituente si tenne nell’aprile 1978 a Roma, durante i giorni del sequestro di Aldo Moro. Circostanza emblematica che palesò le difficoltà della nuova organizzazione, stretta tra le azioni dei gruppi armati e la repressione generalizzata dello stato. Una collocazione di enorme difficoltà sia per conquistare una vera e propria agibilità politica sia per promuovere un solido impianto d’analisi e di proposta strategica. Eppure, in quel contesto, Dp rappresentò un’alternativa concreta per avanguardie e delegati di fabbrica, settori sindacali e intellettuali, collettivi giovanili e comitati di lotta, associazioni democratiche, periodici e radio libere. Per coloro cioè che con lo spegnersi dell’ondata conflittuale non si rassegnarono né al ritorno al privato né alla scelta estrema della lotta armata.

 William Gambetta, dottore di ricerca in Storia presso l’Università di Parma, fa parte della redazione di “Zapruder”, rivista di storia della conflittualità sociale, e collabora con il Centro studi movimenti di Parma. Ha pubblicato saggi su riviste e volumi ed è tra i curatori di Memorie d’agosto. Letture delle barricate antifasciste di Parma del 1922 (Punto rosso, 2007).


Pino Ferraris, Ieri e domani




La lotta di classe l'hanno vinta i capitalisti. Il crollo del socialismo reale, il dilagare del pensiero unico liberista e la nuova globalizzazione hanno esportato modelli di sfruttamento, ma non si può dire altrettanto dei diritti e della dignità dei lavoratori. Ne è derivata una crisi della democrazia e del sindacato che impone un profondo riesame dei modelli di organizzazione dei lavoratori. Il lascito di Pino Ferraris, acuto studioso dei problemi del movimento operaio, scomparso poco dopo la pubblicazione del volume sotto presentato ci invita a ripensare profondamente l'intera storia del movimento operaio come utile strumento per rinnovare analisi e prospettive.

Pino Ferraris, Ieri e domani. Edizioni dell'Asino, Roma, 2011

Pino Ferraris, Ieri e domani. Edizioni dell'Asino, Roma, 2011

Pino Ferraris, Ieri e domani. Storia critica del movimento operaio e socialista ed emancipazione dal presente, Roma, Edizioni dell'Asino, 2011 “Quando la maison institutionnelle minaccia di crollare e i saperi dell’ordinaria manutenzione non bastano più nasce l’esigenza di riportare alla luce i disegni e i progetti, i calcoli e i modelli dei costruttori […]. Ogni crisi di rifondazione chiama ed esige il recupero del punto di vista genetico. Oggi è la radicalità della crisi del sindacato e del sistema politico dell’Europa contemporanea che ci costringe a scavare dentro le origini.” I tre saggi del testo interrogano la storia del movimento operaio e socialista delle origini. Rappresentanza degli interessi e orientamento ai valori, ambiti di vita e di lavoro, autonomie confederate e centralizzazione amministrata, statalismo e “far da sé solidale”, azione sindacale e lotta politica: sono dilemmi di una storia complessa troppe volte semplificata e mistificata dentro schemi ideologici. Non rimozione o nostalgia del passato. Ma rifiuto dell’“ideologia del presente” collegando lo sguardo libero e critico sul passato all’invenzione del futuro. Pino Ferraris è stato dal 1958 segretario della Federazione del Psi di Biella. Nella seconda metà degli anni sessanta è stato membro della direzione del Psiup e segretario della Federazione di Torino. Nei primi anni settanta è stato tra i promotori della costruzione del Pdup. Dal 1977 al 1999 ha insegnato Sociologia presso l’Università di Camerino. Ha scritto saggi di sociologia politica, sociologia del lavoro e di storia del movimento operaio.

Lavori pubblicati


Working Class secolo XX

Lavori pubblicati: 1. La Vandea diventa giacobina: cronaca di un biennio rivoluzionario, pp. 19 -72, in Quaderni del Centenario della Camera del Lavoro di Vicenza (1902 – 2002) n. 4/2003 Valdagno e la Marzotto dal '68 alle lotte sindacali degli anni Settanta Centro Studi Ettore Luccini, Padova – Vicenza, 2003 2. Interviste a Cosimo Debari, Cristina Munarin, Giuseppe Sasso, Antonella Villanova, in Metalmeccanici. Vita, lavoro e sindacato in 126 interviste, (a cura di Cesco Chinello), Meta Edizioni, Roma, 2002 3. Intervista a Espedito Floriani, pp. 113 - 128, in La statua nella polvere. 1968 Le lotte alla Marzotto, (a cura di Oscar Mancini), Ediesse, Roma, 2008
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