sabato 9 dicembre 2023

11 settembre 1973, i padroni oggi hanno massacrato Allende

Lo scorso 11 settembre è apparso sul sito di storiAmestre l'articolo qui riproposto. L'ho scritto per ricordare i cinquant'anni della morte di Salvador Allende a seguito del golpe militare che ha distrutto la democrazia cilena ed ha fatto naufragare in molti la speranza di una transizione democratica verso il socialismo. Il Cile, dopo quel giorno, ha vissuto un lungo periodo di terrore. La dittatura guidata da Pinochet ha dominato per anni il paese e l'ha trasformato nel profondo. Ora la dittatura non c'è più e Pinochet è morto, ma quel periodo ha lasciato profonde cicatrici nella società cilena. C.W.


Un giorno di settembre del 1973 le mura di Marghera si riempirono di un manifesto, stampato dal consiglio di fabbrica Montefibre. Un tazebao scritto in rosso su fondo bianco, una immagine che richiamava uno dei murales che erano stati dipinti in tutto il Cile per la campagna elettorale di Unidad Popular nel 1970 con una poesia del poeta operaio Ferruccio Brugnaro, sì proprio il padre dell’attuale sindaco di Venezia: una delle tante nemesi della storia.

La poesia si intitola I padroni hanno massacrato Allende. Qualche giorno prima, esattamente martedì 11 settembre 1973, l’esercito cileno iniziò il golpe contro il governo di Salvador Allende democraticamente eletto nel 1970. Quel giorno il palazzo presidenziale de La Moneda dove Allende si trovava coi suoi ministri, con i funzionari e gli impiegati che vi lavoravano, con la polizia di stanza nel palazzo e con le sue guardie del corpo, venne bombardato dall’aviazione militare e assediato dall’esercito. Allende non si arrese, si difese fino in fondo e quando capì che non c’era più nulla da fare,negoziò l’evacuazione delle persone presenti, ma lui non si consegnò vivo e riservò l’ultima pallottola per sé stesso.

Come ci ricorda Ken Loach nel suo cortometraggio “Chile 11 Settembre”, il golpe militare condivide il medesimo giorno – martedì 11 settembre – con un altro episodio tragico: ventotto anni più tardi, nel 2001, fu sferrato l’attacco alle torri gemelle di New York1. In quest’ultimo evento fu la popolazione statunitense la vittima, nell’attacco a La Moneda del 1973, il governo statunitense non fu soltanto sodale con i carnefici, ma la CIA ebbe un ruolo determinante nell’organizzazione del golpe che affossò la democrazia cilena. 

Le responsabilità nordamericane furono chiare sin da subito, ma la desecretazione (ancora parziale) degli archivi di stato americani, e in particolare il rapporto della commissione Church del Senato degli Stati Uniti – reso pubblico nel 2002 – mostrarono le dirette responsabilità del Presidente Nixon e del segretario di Stato Henry Kissinger2

In questo tragico evento Kissinger incarna due paradossi: nato nel 1923 in Germania in una famiglia ebrea tedesca che dovette espatriare nel 1938 a causa delle persecuzioni antisemite del regime nazista, cinquant’anni dopo fu direttamente implicato nel golpe cileno che obbligò decine di migliaia di cileni a fuggire dal proprio Paese per evitare le persecuzioni. Secondo paradosso: proprio nel 1973 Kissinger venne insignito del Nobel per la pace3. Un uomo che, nel corso di una riunione alla Casa Bianca nel 1970, non esitò a dichiarare: “Non vedo alcuna ragione per cui dobbiamo sedere ed aspettare di vedere che un Paese diventa marxista soltanto perché il suo popolo è irresponsabile”4.

Ma percorriamo a ritroso – seppur sinteticamente – le condizioni che, prima, hanno portato alla vittoria elettorale il fronte di Unidad Popular e, poi, alla sua caduta per mano militare. In questo percorso ci facciamo accompagnare dalle immagini dei manifesti cileni dell’epoca e da quelli italiani contro il golpe militare cileno conservati nell’Archivio Comunale di Venezia (Celestia) e nel Centro di Documentazione della città contemporanea5.

 

Allende e il governo di Unidad Popular

 

(Premere sulle immagini per ingrandire)

Salvador Allende apparteneva ad una famiglia borghese di tradizione massonica e progressista, lui stesso da giovane si iscrisse alla massoneria, ma ben presto dichiarò che gli ideali della massoneria non potevano essere realizzati in una società capitalistica. Attivista politico sin dagli anni dell’università, nel 1933 divenne un leader del nascente Partito socialista cileno e nel 1938, a trent’anni, divenne ministro della sanità nel governo del radicale Pedro Aguirre Cerda a capo di un fronte popolare6. Il governo durò poco e, pur resistendo ad un tentativo di golpe, venne sconfitto nelle successive elezioni politiche nel 1946.

Da allora Allende perseguì sempre l’obiettivo di unire le forze di sinistra e di realizzare una trasformazione socialista della società per via democratica, convincendo la maggioranza della popolazione con la proposta politica e senza scorciatoie violente. Subì sonore sconfitte come nel 1952, ma nel 1958 il suo Fronte di Azione Popolare venne sconfitto dalla destra di Jorge Alessandri per soli trentamila voti. 

La sua idea si stava facendo largo nella società cilena, una società in cui ampie fasce di popolazione vivevano in condizioni di estrema povertà, e le tensioni sociali erano sempre più forti. Se nel 1964 venne sonoramente sconfitto dal democristiano Frei fu anche grazie al massiccio intervento finanziario del governo statunitense a sostegno della Democrazia Cristiana cilena. Ma la spinta al cambiamento che veniva dalla società cilena obbligó lo stesso governo Frei a proporre una prudente riforma agraria e la nazionalizzazione delle industrie estrattive, al tempo tutte nelle mani di compagnie straniere (prevalentemente nordamericane), risarcendo queste ultime. Fu in questo quadro che la Unidad Popular (UP), il nuovo fronte guidato da Allende che univa il Partito Socialista, Il Partito Comunista, il Partito Radicale e il Movimento d’Azione Popolare Unitario (sinistra cristiana) e che aveva il sostegno del sindacato CUT (Central Única de Trabajadores), si presentò alle elezioni del 1970 sostenuta da migliaia di lavoratori e studenti in tutto il paese. 

La campagna elettorale si polarizzò nello scontro fra la destra capeggiata da Jorge Alessandri, la Democrazia Cristiana guidata da Tomic e la UP di Salvador Allende. Molti i giovani artisti fra i militanti di UP, fra essi particolarmente famose divennero le Brigadas Ramona Parra che dipinsero coloratissimi murales in tutto il Paese a sostegno della campagna elettorale di Allende. L’idea era di trasmettere in maniera semplice, ma efficace, le parole d’ordine del programma di UP. I dipinti divennero una icona in tutto il Paese e poi in tutto il mondo, specie dopo il sanguinoso golpe del 1973. 

Le elezioni presidenziali del 4 settembre 1970 assegnarono la vittoria a Salvador Allende con il 36,3% dei voti, ma l’esito elettorale non fu affatto gradito al governo statunitense e “il 15 settembre, il presidente Nixon informò il direttore della Cia, Richard Helms, che un governo allendista non era accettabile per gli Stati Uniti e ordina alla Cia di svolgere un ruolo diretto nell’organizzare un colpo di Stato in Cile per impedire che Allende sin insediasse alla presidenza”7

Il primo tentativo fu mettere a disposizione fondi e fare pressioni perché una parte dei deputati democristiani rifiutassero la ratifica parlamentare della vittoria elettorale di Allende votando il secondo eletto Jorge Alessandri (destra) in spregio ad una prassi costituzionale consolidata. Quest’ultimo poi, per evitare una crisi politica, si sarebbe dimesso e avrebbe indetto nuove elezioni puntando ad una alleanza politica fra destra e Democrazia Cristiana. Il leader democristiano Frei tuttavia si oppose all’idea di trasgredire alla tradizione democratica e il “gambetto Frei” abortì8

Da quel momento l’amministrazione americana puntò all’opzione due, ovvero alla costruzione di una situazione favorevole ad un golpe militare. La prima mossa in questa direzione fu il tentativo di sequestro del comandante delle Forze Armate cilene, generale Scheineder, fedele all’ordine costituzionale. La sua auto venne attaccata da militari cileni e soggetti dell’estrema destra cilena con il supporto logistico e militare di elementi della Cial’assalto si concluse con l’uccisione del generale. La seduta plenaria delle Camere che ratificò la nomina presidenziale di Allende avvenne il 24 ottobre 1970, mentre la massima autorità militare stava agonizzando in ospedale.

Inizia così il governo di Unidad Popular, con tensioni interne ed internazionali, ma anche con un forte sostegno popolare; durante i primi mesi la situazione sembra stabilizzarsi ed i dati economici rilevarono una buona crescita. Il governo intendeva accelerare le riforme promesse, in particolare la nazionalizzazione delle industrie estrattive e la riforma agraria. La nazionalizzazione delle miniere di rame, come abbiamo detto, era già iniziata nel corso della presidenza Frei che aveva acquisito il 51% delle azioni dalle società multinazionali, rimaneva da espropriare il rimanente 49%. L’operazione sottoposta al Congresso nel giugno 1971 trovò il consenso unanime anche da parte dei deputati della destra, il problema era il valore dell’indennizzo da corrispondere e Allende decise di non pagare perché le multinazionali, in oltre mezzo secolo di sfruttamento,avevano guadagnato abbastanza9.

Il governo proseguì il suo lavoro anche sul fronte della riforma agraria con l’assegnazione delle terre ai contadini suscitando il malumore dei latifondisti che si videro espropriare i terreni. 

Ulteriori tensioni emersero dalla decisione di nazionalizzare la compagnia telefonica controllata al 70% dall’americana ITT. Anche in questo caso le divergenze vertevano sulla diversa valutazione dell’indennizzo da corrispondere: un tentativo di trovare un accordo abortì quando venne alla luce che alcuni dirigenti della ITT erano implicati nella “guerra sporca” contro il governo Allende e che la multinazionale aveva destinato diversi milioni a sostegno delle forze che cospiravano contro il governo in carica. La compagnia telefonica venne nazionalizzata scatenando le ire dell’amministrazione Nixon che impose il blocco dei crediti internazionali nei confronti del Cile. 

Il conflitto aperto con le multinazionali, le attività di boicottaggio e le azioni apertamente sediziose di queste nei confronti del governo in carica, furono denunciate da Allende in un discorso che tenne all’Assemblea Generale dell’ONU il 4 dicembre 1972. Allende evidenziò il pericolo che l’attività delle società multinazionali – libere da qualsiasi controllo – rappresentano per le democrazie ed i governi legittimamente eletti a tutte le latitudini. Un discorso che, letto ora dopo aver visto gli effetti della globalizzazione, risulta drammaticamente profetico:

Ci troviamo davanti a un vero scontro frontale tra le grandi corporazioni internazionali e gli Stati. Questi subiscono interferenze nelle decisioni fondamentali, politiche, economiche e militari da parte di organizzazioni mondiali che non dipendono da nessuno Stato. Per le loro attività non rispondono a nessun governo e non sono sottoposte al controllo di nessun parlamento e di nessuna istituzione che rappresenti l’interesse collettivo. In poche parole, la struttura politica del mondo sta per essere sconvolta. Le grandi imprese multinazionali non solo attentano agli interessi dei Paesi in via di sviluppo, ma la loro azione incontrollata e dominatrice agisce anche nei Paesi industrializzati in cui hanno sede. La fiducia in noi stessi, che incrementa la nostra fede nei grandi valori dell’umanità, ci dà la certezza che questi valori dovranno prevalere e non potranno essere distrutti10

Nel contempo Allende denunciò, davanti al consesso internazionale, il clima di guerra civile che viveva il Cile e il ruolo attivo, da parte di figure di primo piano delle multinazionali e dei ceti industriali cileni, di sostegno e finanziamento nelle azioni eversive contro il governo democraticamente eletto: le serrate delle fabbriche, il blocco delle merci con gli scioperi dei camioneros, gli attentati dell’estrema destra e di settori dell’esercito. 

È in questo clima – una società devastata dalla crisi economica e dall’acuirsi della violenza e della polarizzazione della società – che si svolsero le elezioni politiche della primavera del 1973 nelle quali UP aumentò i propri sostenitori arrivando al 43%11. Una parte rilevante della popolazione, nonostante tutto, si strinse attorno al suo Presidente sostenendolo nelle piazze al grido di: Allende, Allende, el pueblo te defiende! 

Il cartello della destra con la Democrazia Cristiana vinse le elezioni, ma i seggi conquistati non permettevano di deporre legalmente il Presidente in carica. A quel punto nell’opposizione il fronte golpista divenne egemone in ampi settori delle forze armate.

 

 

 

 

 

 

 

 



Alla fine della primavera del 1973 aumentarono gli attentati ad opera dell’organizzazione di estrema destra Patria y Libertad e un tentativo di golpe militare fallì, ma la situazione si faceva sempre più ingovernabile e le voci di un golpe militare imminente erano sempre più insistenti. 

Allende decise, nonostante le resistenze di alcune componenti della coalizione che lo sosteneva, di sottoporre a plebiscito il suo mandato dichiarandosi disposto a lasciare l’incarico in caso non avesse raggiunto il sostegno necessario. L’11 settembre, però, la marina dette inizio al golpe a Valparaiso, poi fu la volta dell’aviazione e dell’esercito, infine il corpo di polizia a difesa del palazzo presidenziale assediò l’edificio. 

Divenne chiaro che a capo della rivolta c’erano le massime autorità militari che avevano giurato fedeltà alla costituzione. Queste inviarono una delegazione al Presidente intimandogli di rimettere i poteri nelle mani della giunta militare, in cambio avrebbe avuto a disposizione un aereo per lasciare il Paese assieme alla sua famiglia ed i più stretti collaboratori. In caso contrario il palazzo presidenziale sarebbe stato bombardato. La risposta di Allende fu sprezzante: “ No signori, non mi arrenderò. Dite ai vostri comandanti in capo che non me ne andrò da qui, che non mi consegnerò. Questa è la mia risposta. Non mi tireranno fuori vivo da qui, anche se bombardano la Moneda…”12

Le emittenti radiofoniche che appoggiavano il governo vennero silenziate dai golpisti ed iniziò il bombardamento del palazzo presidenziale. Fu allora che, alle 9.10, Allende parlò per l’ultima volta al Paese tramite l’ultima emittente ancora in funzione, Radio Magallanes:

Compatrioti, questa è l'ultima occasione che ho per rivolgermi a voi. L'Aviazione ha bombardato le antenne di radio Portales e radio Corporación. Nelle mie parole non c'è amarezza ma delusione, e saranno queste il castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento che hanno fatto [interferenza]… soldati del Cile, comandanti in capo effettivi, l'ammiraglio Merino che si è autodesignato, più il signor Mendoza, generale vile che solo ieri aveva manifestato la sua fedeltà e lealtà al governo, anche lui si è nominato direttore generale dei carabinieri. Alla luce di questi fatti, non mi resta che dire ai lavoratori: io non rinuncerò! Giunto a un momento storico, pagherò con la vita la lealtà del popolo. E vi dico che ho la certezza che il seme che consegneremo alla degna coscienza di migliaia e migliaia di cileni non potrà essere totalmente distrutto.

Hanno la forza, potranno abbatterci. Ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.

Lavoratori della mia patria, vi voglio ringraziare per la lealtà che avete sempre avuto. La fiducia che avete riposto in un uomo che fu solo interprete di grandi aspirazioni di giustizia. Che si impegnò a rispettare la Costituzione e la legge, e mantenne la parola. In questo momento definitivo, l'ultimo nel quale mi posso rivolgere a voi, desidero che impariate la lezione. Il capitalismo straniero, l'imperialismo, unito alla reazione, creò il clima perché le Forze armate rompessero la loro tradizione, quella insegnata da Schneider e riaffermata dal comandante Araya, vittime della stessa classe sociale che oggi starà a casa sua sperando di riconquistare per mano altrui il potere di continuare a difendere le proprie tenute e i propri privilegi.

Mi rivolgo, soprattutto, all'umile donna della nostra terra, alla contadina che ha creduto in noi, all'operaia che ha lavorato di più, alla madre che ha saputo della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della patria, ai professionisti patrioti, a quelli che alcuni giorni fa hanno lavorato contro la sedizione promossa dai collegi professionali, collegi di classe perché difendono i vantaggi che una società capitalista concede solo a pochi. Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che hanno cantato e trasmesso la loro allegria e il loro spirito di lotta. Mi rivolgo all'uomo del Cile, all'operaio, al contadino, all'intellettuale, a quelli che saranno perseguitati… perché nel nostro Paese il fascismo era già da tempo presente, negli attentati terroristici, facendo saltare in aria i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, con il silenzio di coloro che avevano l'obbligo di intervenire: ma erano coinvolti. La storia li giudicherà.

Sicuramente radio Magallanes sarà messa a tacere, e la mia tranquilla voce metallica non vi arriverà. Non importa. Continuerete a sentirla. Sarò sempre con voi. Perlomeno il ricordo di me sarà quello di un uomo degno che è stato leale alla lealtà dei lavoratori. 

Il popolo deve difendersi, ma non sacrificarsi. Il popolo non deve lasciarsi abbattere o crivellare, ma non può neanche farsi umiliare.

Lavoratori della mia patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro, in cui il tradimento ha la pretesa di imporsi. Continuate a esser certi che, più presto che tardi, riapriranno le grandi strade per le quali passerà l'uomo libero, per costruire una società migliore.

Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà inutile. Sono certo che, perlomeno, sarà una lezione morale che castigherà la slealtà, la vigliaccheria e il tradimento”13.

Come sopra ricordato, quando si rese conto che non c’era più nulla da fare, Allende negoziò l’uscita delle persone presenti all’interno del palazzo, ma lui non si consegnò preferendo morire da uomo libero e da Presidente in carica. 

Nel Paese i militari iniziarono una feroce repressione, per chi era abbastanza adulto nel 1973 le immagini televisive delle migliaia di persone imprigionate nello stadio di Santiago sono un ricordo indelebile. Poi iniziarono ad arrivare i resoconti delle morti eccellenti, delle persone portate via dalle proprie case di notte e mai più tornate, delle carovane della morte e infine dei voli della morte con cui migliaia di oppositori furono lanciati dagli aerei in mare e scomparvero. E ancora le decine di migliaia di esuli che riuscirono a sfuggire alle torture e alla morte abbandonando il proprio paese. In molti trovarono rifugio in Europa. 

Molti trovarono rifugio e solidarietà nel nostro Paese, uno di questi Rodrigo Díaz si stabilì a Marghera nel 1976 e la sua testimonianza è stata pubblicata da storiAmestre14

Nei giorni del golpe il gruppo musicale degli Inti Illimani, un gruppo molto legato a Unidad Popular, era in tounée in Italia; i suoi componenti chiesero ed ottennero asilo politico e rimasero in Italia per tutta la durata della dittatura. Le loro canzoni divennero sia la testimonianza dei sogni, delle speranze di Unidad Popular e della figura di Allende che la denuncia dei massacri perpetrati dalla giunta di Pinochet. È per me indimenticabile, allora adolescente che mi affacciavo alla politica, il grande concerto all’arena di Verona del settembre 1975, un vero e proprio battesimo alla militanza.

Il golpe ebbe drammatiche conseguenze non solo sulla vita di molti cileni, ma anche sugli equilibri internazionali: basti ricordare che l’Argentina seguì la stessa sorte agli inizi del 1976confermando una tendenza dell’amministrazione statunitense a favorire l’instaurazione di regimi reazionari e violenti. Per quanto riguarda l’Europa e in particolare l’Italia, i fatti del Cile influenzarono pesantemente le scelte politiche della sinistra. Il segretario del PCI, Enrico Berlinguer, scrisse tre articoli sulla rivista Rinascita fra la fine di settembre e i primi di ottobre 197315 nei quali indicava che l’esperienza cilena insegnava che nessun cambiamento sociale sarebbe stato possibile senza l’accordo fra le grandi forze popolari e democratiche, lanciando così la politica del “compromesso storico”.

Al di là del giudizio storico che si può dare su quella scelta politica, non vi è dubbio che essa abbia segnato – nel bene e nel male – il dibattito politico all’interno della sinistra italiana per tutta la decade degli anni Settanta, generando dirette conseguenze sugli equilibri politici italiani ed europei con la crescita dell’opzione eurocomunista in Francia e Spagna. 

Per quanto riguarda la mia generazione, che in quegli anni si affacciava all’impegno politico, fu occasione per apprendere i primi rudimenti di spagnolo con i testi delle canzoni degli Inti Illimani. Cantavamo El pueblo unido jamás será vencido e – forse incoscientemente – interiorizzammo che il nostro sogno di una società più giusta stava morendo nelle immagini dello stadio di Santiago piene di giovani poco più grandi che in molti casi furono desaparecidos.

In conclusione alcuni manifesti in sostegno della causa cilena e, in particolare, quello disegnato da Emilio Vedova, in omaggio a Salvador Allende e Pablo Neruda.

 

 

 

 

 

 

 

 

 











FONTI CITATE O PRESENTI NELL’ARTICOLO

A) MANIFESTI

I manifesti presentati nell’articolo sono stati digitalizzati e raccolti nel CD-Rom Affissione Consentita 40 anni di manifesti dall’Italia e dal mondo pubblicato nel 2007 da storiAmestre, gli originali sono depositati negli archivi sotto descritti. In ordine di apparizione:

  1. I padroni oggi hanno massacrato Allende. Poesia di Ferruccio Brugnaro, Consiglio di fabbrica Montefibre, Serigrafato in proprio Sip- San Polo 2416 – Venezia, 1973, Archivio Giorgio Sarto – Centro di Documentazione della città contemporanea;

  2. I.C. Izquierda Cristiana a la CUT!!, Manifesto cileno: sinistra cristiana, Tip. Quimandù lida, 1971, Archivio Comunale di Venezia la Celestia;

  3. Brigadas Ramona Parra Museo de Arte Contemporaneo, Manifesto cileno: gioventù comunista museo di arte contemporanea, 1971, Archivio Comunale di Venezia la Celestia;

  4. Cobre Chileno, Manifesto cileno: nazionalizzazione del rame cileno, Litografia Fernandez, 1972, Archivio Comunale di Venezia la Celestia;

  5. No a la sedicion, Manifesto cileno: contro la violenza, 1971, Archivio Comunale di Venezia la Celestia;

  6. No a la guerra civil, Manifesto cileno: Contro la guerra civile, 1972, Archivio Comunale di Venezia la Celestia;

  7. Per la resistenza cilena, Manifesto Organizzazione comunista m-l, Tip. Fronte unito, 1973, Archivio Giorgio Sarto – Centro di Documentazione della città contemporanea;

  8. Chi brucia i libri tortura il popolo. Libertà al Cile, Manifesto Biennale di Venezia, Tip. ENIT, 1974, Archivio Maurizio Antonello – Centro di Documentazione della città contemporanea;

  9. Neruda Allende, Manifesto Biennale di Venezia, Omaggio del pittore Emilio Vedova a Salvador Allende e Pablo Neruda, 1974, Archivio Maurizio Antonello – Centro di Documentazione della città contemporanea;

B) FILMATI/REGISTRAZIONI AUDIO

C) TESTI

  • Verdugo Patricia, Salvador Allende. Anatomia di un complotto organizzato dalla Cia, Baldini Castoldi Dalai Ed., Milano, 2003;

  • Cover Action in Chile: 1963 – 1973, Report Church Committee, Washington, 1975; 

  • Biacchessi Daniele et al., Cile 11 settembre 1973, F. Angeli Ed., Milano, 2003;

  • Berlinguer Enrico, Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile, 3 articoli pubblicati su Rinascita rispettivamente nel n. 38 del 28/09/73 (Imperialismo e coesistenza alla luce dei fatti cileni), n. 39 del 5/10/73 (Via democratica e violenza reazionaria) e n. 40 del 12/10/73 (Alleanze sociali e schieramenti politici);

  • Feltrin Lorenzo, Da San Miguel alla Cita. Intervista a Rodrigo Díaz, esule cileno in Italia dal 1974 e residente a Marghera dal 1976 pubblicata il 01/02/2022, https://storiamestre.it/2022/02/santiago-marghera/

 

NOTE

1 Loach Ken, September,11 1973, cortometraggio realizzato nel 2002 nell’anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle e nel 29 anniversario del golpe cileno, reperibile in rete in vari siti, anche in italiano, ultima visione 30/07/2023 https://archive.org/details/CileLaStrageDiPinochet . Il cortometraggio parla di Pablo, un profugo cileno che vive a Londra, che nel primo anniversario dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York, scrive ai famigliari delle vittime per esprimere la sua vicinanza al loro dolore e per raccontare loro quanto accadde in Cile il martedì 11 settembre di 29 anni prima.

2 Cover Action in Chile: 1963 – 1973, Report Church Committee, Washington 1975. Per una attenta guida alla lettura di questo documento e dei documenti desecretati dall’amministrazione statunitense sull’argomento si veda Verdugo Patricia, Salvador Allende. Anatomia di un complotto organizzato dalla Cia, Baldini Castoldi Dalai Ed., Milano, 2003. 

3 Dopo la desecretazione, seppur parziale, disposta dal presidente Clinton degli archivi delle diverse agenzie sulla questione cilena che hanno portato alla luce le responsabilità di Nixon e di Kissinger nel golpe cileno è iniziata una campagna per il ritiro del premio Nobel per la pace concesso a Kissinger il 16 ottobre 1973, a poco più di un mese dalla morte di Allende.

4 Verdugo, op. cit. p. 56.

5 Tutti i manifesti qui riprodotti sono stati digitalizzati e raccolti nel CD Rom Affissione Consentita 40 anni di manifesti dall’Italia e dal Mondo, edito da storiAmestre nel 2007.

6 La parola d’ordine di Pedro Aguirre Cerda fu Pane, tetto e cappotto; sostenuto da un fronte popolare si insediò a La Moneda nel 1938. L’esperienza dell’unità delle sinistre durò soltanto tre anni, tuttavia seppe resistere ad un tentativo di colpo di stato militare intentato dall’ex dittatore generale Ibanez, golpe noto come ariostazo, dal nome del generale che si pose alla guida dei ribelli Ariosto Herrera. Nel corso del golpe i militari offrirono al Presidente una via di fuga, ma questi rispose: “Il Presidente della Repubblica non si sottomette ad un ribelle. Di qui non mi tireranno fuori se non morto. Il mio dovere è di morire difendendo il mandato affidatomi dal popolo”. L’11 settembre 1973 Allende rifiutò, con parole non molto diverse, una analoga proposta fatta dai militari golpisti. (cfr. Verdugo, op. cit., p. 184 – 185 ).

7 Rapporto Church cit. in Verdugo, op. cit. p. 63.

8 L’operazione venne denominata “gambetto Frei”. “Nel gioco degli scacchi, gambetto è la tattica di sacrificare uno o due pezzi all’inizio per guadagnare poi una posizione favorevole”., cfr. Verdugo, op. cit. p. 67.

9 Verdugo, op. cit. p. 103.

10 Cfr. film di Patricio Guzmán, Salvador Allende, dvd, Ed. Feltrinelli, 2004. Il discorso è reperibile anche su Youtube Discorso di Salvador Allende all’ONU (1972).

11 Le elezioni parlamentari del 4 marzo 1973, svoltesi in un clima di forti tensioni, videro affermarsi l’allenza Code (Partito democristiano e Partito Nazionale di destra) con il sostegno finanziario diretto ed indiretto degli Stati Uniti. L’alleanza raggiunse il 55% dei voti, ma non si tradusse in un numero sufficiente di deputati e senatori per approvare la destituzione legale del presidente. D’altro canto, uno scontro così duro e polarizzato aveva fatto crescere i consensi a Unidad Popular al 43% (cfr. Verdugo, op. cit., p. 128).

12 Verdugo, op. cit., p. 184. Secondo alcune testimonianze, prima dell’incontro con gli addetti militari, la proposta era stata fatta telefonicamente dall’ammiraglio Carvajal e Allende rispose in maniera secca: “Ma cosa avete creduto, traditori merda! …. Mettetevelo nel culo il vostro aereo! – Lei sta parlando con il Presidente della Repubblica!… E il Presidente eletto dal popolo non si arrende!” (cfr. Verdugo, op. cit., p. 183).

13 Verdugo, op.cit., pp. 186 e segg.

14 Feltrin Lorenzo, Da San Miguel alla Cita. Intervista a Rodrigo Díaz, esule cileno in Italia dal 1974 e residente a Marghera dal 1976 pubblicata il 01/02/2022, https://storiamestre.it/2022/02/santiago-marghera/.

15 Gli articoli con il titolo generale di Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile furono pubblicati rispettivamente nel n. 38 del 28/09/73 (Imperialismo e coesistenza alla luce dei fatti cileni), n. 39 del 5/10/73 (Via democratica e violenza reazionaria) e n. 40 del 12/10/73 (Alleanze sociali e schieramenti politici).


domenica 27 agosto 2023

Vinicio Mettifogo, uomo e imprenditore (1925-1973) presentazione del 21 giugno 2023 ad Arzignano

 

Ripropongo qui gli appunti scritti per il mio intervento alla presentazione del libro Vinicio Mettifogo, uomo e imprenditore (1925-1973) avvenuta ad Arzignano il 21 giugno 2023. Nel libro è stato inserito - su richiesta della famiglia Mettifogo che ha promosso la pubblicazione del libro -  il mio articolo Vinicio Mettifogo, un intellettuale di estrazione e operaia con qualche lieve modifica rispetto a quello pubblicato nel mio post del 5 settembre 2021 e a quello apparso sulla pagina web di storiAmestre il 2 settembre 2021 con il titolo Note su Vinicio Mettifogo (1925-1973), che da operaio diventò progettista alla Pellizzari, e poi inventore-imprenditore in proprio



Buonasera a tutte e tutti,

prima di tutto vorrei ringraziare la famiglia di Vinicio Mettifogo per l’invito, devo confessare che sono emozionato ad esser qui anche per ragioni personali, qui - in questo edificio - mio padre ha trascorso buona parte della sua vita lavorativa, egli lavorava al reparto trasformatori che si trovava in questa parte dello stabilimento ed io sono nato e cresciuto a pochi metri da qui, in Via Santo. Ringrazio inoltre per aver voluto inserire nel volume che oggi viene qui presentato il mio articolo su Vinicio.

Ma come sono arrivato ad interessarmi a lui? Da tempo mi interesso di storia dell’industrializzazione italiana e dei conflitti sociali da essa generati, con particolare attenzione al periodo che va dal Secondo Dopoguerra alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, ovvero del miracolo economico italiano. E da un po’ di tempo la mia ricerca è rivolta alla Pellizzari, è un omaggio che intendo rendere a mio padre. La ricerca storica, la ricerca d’archivio è come un viaggio. E in ogni viaggio incontri delle persone, in questo caso non persone in carne ed ossa ma le scopri attraverso i documenti che ti trovi fra le mani. E come spesso accade nella vita vi sono incontri che segnano più di altri, che ti invitano a conoscere meglio la persona e non passar oltre. Con Vinicio Mettifogo è successo così, man mano che leggevo cose su di lui, cresceva la curiosità e la simpatia per questa strana figura di imprenditore e intellettuale schierato a sinistra il cui successo industriale non aveva fatto dimenticare le origini e le aspirazioni ad una maggior giustizia sociale.

Ora, non vorrei ripercorrere quanto ho scritto nell’articolo che, se vorrete, potrete leggere con calma. Vorrei invece soffermarmi su 2 temi particolarmente complessi in esso vengono accennati, ovvero la crisi politica ed l’abbandono del Partito Comunista a seguito dell’invasione dell’Ungheria e la crisi aziendale della Pellizzari.

Per quanto riguarda la crisi del 1956 è opportuno ricordare il quadro storico in cui svolgono i fatti. Nella primavera di quello stesso anno si aprì il XX congresso del PCUS, Stalin era morto e Kruscev con il rapporto segreto denunciò durante il congresso i crimini commessi da Stalin ed iniziò il processo di destalinizzazione volto a demolire il culto della personalità che durante il periodo precedente aveva caratterizzato il movimento comunista internazionale. L’attacco alla figura di Stalin apriva ovviamente un processo di critica e di revisione del periodo e faceva strada a molteplici sviluppi. Il ruolo di Togliatti in questa vicenda è stato quello di chiedere al movimento comunista di andare fino in fondo con la critica segnando una prima autonomia di giudizio del PCI rispetto agli altri PC (Intervista a Nuovi Argomenti di T. criticò i dirigenti sovietici non per aver fatto le rivelazioni, ma per non essere andati abbastanza avanti. Essi si erano limitati a denunciare i fatti e a parlare di degenerazioni nella società sovietica, trascurando invece di affrontare il difficile tema del giudizio storico complessivo. Quello che T. chiedeva loro, non erano solo dettagli sul culto della personalità, ma una spiegazione convincente sul come e perché – in una società socialista – a Stalin fosse stato possibile fare tutto quello che ora essi denunciavano. […] T. utilizzò l’intervista anche per introdurre per la prima volta il concetto di policentrismo […] Egli affermò che il movimento socialista internazionale non doveva più ruotare solamente attorno all’Unione Sovietica… Ginsborg, p. 276). Non si tratta di una rottura netta delle relazioni con il PCUS, ma è l’inizio di un processo lento e tortuoso non privo di contraddizioni. È chiaro tuttavia che questo smarcarsi dall’obbedienza al PCUS favorisce all’interno del PCI un dibattito più aperto alle critiche e alla democrazia interna.

L’antefatto alla rivolta ungherese sono gli scioperi degli operai polacchi di Poznan che si ribellano nel mese di giugno 1956 e che vengono repressi con 38 morti e 277 feriti, sarà proprio questa la scintilla che innesca la rivolta ungherese. E qui è importante ricordare che Di Vittorio, segretario generale della CGIL, si schiererà in difesa degli operai polacchi e contro la repressione. È il primo atto di condanna e di critica di quanto accadeva nei paesi del blocco sovietico, la condanna non fu apprezzata da tutto il PCI.

Lo scoppio della rivolta ungherese e il movimento di operai e studenti troverà all’inizio il sostegno da parte di ampi settori del PCI come dimostrano anche le dichiarazioni di Vinicio in consiglio comunale a nome del PCI arzignanese e l’ingresso dei carri armati sovietici nel territorio ungherese furono condannati da migliaia di militanti ed intellettuali comunisti. Tanto che quando la direzione del partito – su pressione sovietica – decide di appoggiare la repressione si aprirà la crisi più difficile del dopoguerra. Essa porterà all’abbandono del partito da parte di molti dirigenti ed intellettuali (ricordiamo fra gli altri Antonio Giolitti, Italo Calvino, Delio Cantimori, Natalino Sapegno, Renzo de Felice). Altri (Paolo Spriano, Rossana Rossanda, Giangiacomo Feltrinelli) non usciranno ma saranno protagonisti di una battaglia contro questa decisione. Anche se il giudizio ufficiale fu il sostegno allo stato socialista contro le forze reazionarie, in realtà dal 1956 iniziò il cammino del PCI verso una via democratica verso il socialismo, un cammino tortuoso e non privo di tentennamenti, ma oramai senza ritorno. In ogni caso, oltre i molti dirigenti ed intellettuali, il partito perse fra il 1955 e il 1957 circa 400.000 iscritti (fonte Amendola cfr. Ginsborg, Storia d’Italia dal Dopoguerra ad oggi, p. 279). 

I fatti d’Ungheria cambiarono inoltre le relazioni fra PSI e PCI, uniti da un patto d’azione sin dal Fronte Repubblicano del Lavoro, patto rinnovato di volta in volta. La netta condanna da parte del PSI dell’invasione sovietica portò alla rottura del patto e il PSI iniziò una politica svincolata dal PCI che lo portò alla formazione dei primi governi di Centro Sinistra negli anni 60. La sinistra socialista si nutrì inoltre di molti fuoriusciti dal PCI che contribuirono all’elaborazione di un nuovo pensiero sulle prospettive del socialismo (cfr. Quaderni Rossi di Panzieri) che influenzarono i movimenti giovanili di studenti ed operai negli anni sessanta.

Ecco quindi che il percorso di Vinicio Mettifogo è una decisione individuale, una crisi personale, ma corrisponde ad un movimento più ampio, più generale della società italiana del 1956.

L’altra crisi riguarda il suo lavoro alla Pellizzari, in ultima analisi il clima di crisi che si respira alla Pellizzari nel 1957 - annus orribilis. La morte di Giacomo Pellizzari alla fine del 1955 mostrerà presto un’azienda cresciuta in fretta negli anni del dopoguerra ma con alcuni nodi critici rimasti senza soluzione, non c’è soltanto la successione alla guida della società, ma anche le prospettive di sviluppo della propria produzione e una liquidità insufficiente per agganciare l’azienda alla crescita generale della domanda che comincia proprio allora. La crisi che ne seguì porto la Pellizzari, per la prima volta nel dopoguerra, a licenziare e chiudere gli stabilimenti di Vicenza e Montecchio Maggiore e alla morte prematura di Antonio Pellizzari nel 1958. 

La morte dell’amico e l’incertezza del futuro nella fabbrica spinse Vinicio, come altri tecnici che nella Pellizzari si erano formati, ad iniziare l’avventura imprenditoriale.

Il 1958-1963 l’Italia vive il miracolo economico, i ritmi di crescita della produzione industriale già molto elevati da i primi anni del dopoguerra, raggiungono cifre spettacolari, la vita della popolazione italiana, la sua dislocazione nel territorio nazionale, le sue condizioni di vita ed i suoi consumi crescono in misura inedita come dimostra – fra l’altro – la nascita dell’avventura industriale di Vinicio, ma proprio questo quinquennio segna invece una crisi profonda della Pellizzari, accentuata dalle scelte aziendali dei nuovi padroni che entrano nella società nel 1961 dopo un triennio di gestione “ordinaria” della società, fatta senza capitali freschi che le ha fatto perdere il treno del miracolo, treno che alcuni tecnici della Pellizzari hanno saputo cogliere con un nuovo inedito rapporto fra industria e territorio con la costruzione del distretto elettromeccanico che, nato in sordina, diventerà il simbolo dell’industrializzazione della terza Italia a cavallo dei 2 secoli.

Grazie e buona serata.


Affissione Consentita. Il primo maggio negli anni Settanta

L'articolo è stato pubblicato nella pagina web dell'associazione storiAmestre il 1 maggio 2023. Lo ripropongo nel mio blog in versione integrale.


Affissione Consentita. Il primo maggio degli anni Settanta

di Walter Cocco


In occasione della festa del Primo Maggio il nostro socio Walter Cocco ha selezionato e fatto una lettura di alcuni manifesti presenti nel CD Rom: Affissione Consentita 40 anni di manifesti dall’Italia e dal mondo, pubblicato nel 2007 a cura di storiAmestre e del Centro di Documentazione della città contemporanea. Si tratta – come recita l’introduzione del CD Rom – di una collezione di circa quattrocento manifesti urbani, la gran parte dei quali proviene dal fondo “Maurizio Antonello”, a cui sono stati aggiunti altri manifesti tratti dall’Archivio Comunale di Venezia, la Celestia, e dalla raccolta privata di Giorgio Sarto.


Il CD Rom Affissione Consentita 40 anni di manifesti dall’Italia e dal mondo, pubblicato nel 2007 a cura di storiAmestre e del Centro di Documentazione della città contemporanea, (1) è una preziosa raccolta di immagini che ha comportato un complesso lavoro di digitalizzazione e catalogazione dei manifesti (2) che coprono un arco di tempo che va dagli anni Cinquanta sino agli anni Novanta del Novecento. Gli autori sono per la maggior parte istituzioni italiane e straniere, partiti e movimenti politici attivi nel quarantennio citato e le immagini ed i testi in essi contenuti sono diversi a seconda del momento della loro apparizione.

Come viene ricordato nel CD Rom il manifesto è un prodotto popolare, è vincolato al contingente, al “qui e ora”, esso è destinato ad apparire sui muri di palazzi, scuole e fabbriche per qualche giorno per poi essere strappato o ricoperto da altri manifesti. Per questo molto spesso – se non riporta una data – la sua collocazione temporale può avvenire soltanto attraverso una attenta analisi del testo o delle immagini in esso contenuti. Per le sue caratteristiche “non è affatto frequente che il manifesto sia raccolto e conservato, anche per l’ingombro che crea. Per propria natura ha un uso limitato nel tempo, una volta affisso porta una data di scadenza, si degrada facilmente esposto com’è a lacerazioni e intemperie, si stinge, si usura e nella stragrande maggioranza dei casi diventa la base per nuovi manifesti da sovrapporre”. Ed è proprio per questo che il CD Rom Affissione Consentita ha un importante valore di recupero documentario e valorizza una parte del patrimonio archivistico custodito dal Centro di Documentazione della città contemporanea che, oltre al Fondo Antonello, ospita anche l’archivio privato di Giorgio Sarto da cui provengono alcuni dei manifesti recuperati.

“Sfogliando” il Cd Rom abbiamo pensato che un buon modo per celebrare il Primo Maggio fosse riproporre alcuni manifesti sul Primo Maggio di cinquant’anni fa.

I manifesti che proponiamo sono cinque, in buona parte apparsi il 1 maggio 1973 (3). I primi tre sono i manifesti istituzionali per la celebrazione del Primo Maggio dei tre grandi partiti di massa dell’epoca: Democrazia Cristiana, Partito Socialista Italiano, Partito Comunista Italiano. Sono manifesti destinati all’affissione su tutto il territorio nazionale per la festa dei lavoratori, manifesti di celebrazione, scarni, con poche parole e nessun riferimento specifico all’agenda politica del momento.





   

Quello del Psi non ha testo, solo 1 maggio, un pugno con un garofano rosso ed il simbolo del partito. Il garofano rosso era uno dei simboli ricorrenti della festa del Primo Maggio in quegli anni, era costume diffuso andare in piazza con un garofano all’occhiello della giacca. Nel manifesto PSI, l’adesione alla festa dei lavoratori viene affidata alla sola immagine, nient’altro. Il manifesto del PCI si affida invece alla replica di figure operaie che evocano una estetica da realismo sovietico e poche parole: Nell’unità dei lavoratori la garanzia di vittoria nella lotta per le riforme, per la democrazia, per la pace. Il manifesto della DC mostra sullo sfondo una manifestazione in cui sventolano solo bandiere scudocrociate (che ricorda più un raduno del fronte anticomunista del 1948 che una manifestazione operaia) e in basso la frase: continua nella libertà l’azione dei lavoratori per il progresso della società italiana. 

Gli ultimi due manifesti, invece, sono di produzione locale, prodotti con mezzi artigianali, non a stampa, da organizzazioni della sinistra rivoluzionaria, ovvero da quelle organizzazioni nate sull’onda del movimento studentesco e operaio nel biennio 1968-1969.



Il primo è firmato Fronte unito per il socialismo, l’immagine riproduce operai che incrociano le braccia, una dichiarazione di sciopero, e vi sono una serie di parole d’ordine che definiscono gli obbiettivi dell’organizzazione, dalle piattaforme sindacali al socialismo: per la difesa e lo sviluppo dell’occupazione; per il ribasso dei prezzi e delle tariffe pubbliche; per un governo popolare senza la DC; per il pieno raggiungimento delle piattaforme contrattuali; per l’Internazionalismo proletario e per il Socialismo. Infine l’ultimo manifesto è di sole parole, un dazebao per la convocazione della manifestazione unitaria della sinistra rivoluzionaria del 1 maggio a Mestre, un manifesto sottoscritto da: Lotta Continua, Avanguardia Operaia, Organizzazione Comunista m – l fronte unito, Partito Comunista m – l Italiano. Le parole d’ordine sono: per un 1 maggio di lotta; per l’internazionalismo proletario contro l’imperialismo; per le lotte operaie popolari e studentesche contro il carovita, la ristrutturazione, la repressione; contro i padroni, il governo Andreotti, i fascisti. Anche qui il riferimento a lotte in agenda e obbiettivi più ampi.

Nel 1973 il mondo del lavoro – il movimento operaio come si diceva allora – gode ancora di buona salute, ha ancora una certa forza all’interno della grande industria metalmeccanica e chimica, la capacità di mobilitazione esplosa nel corso dell’autunno caldo non è venuta meno, il sindacato dei consigli può ora contare sulla legittimazione dello Statuto dei Lavoratori, approvato nel 1970 e proprio nel 1973 si affermerà per i lavoratori il diritto allo studio con l’avvio dei corsi delle 150 ore. La volontà di cambiamento generata dalle lotte nelle scuole, nelle università, nelle fabbriche non ha ancora esaurito la sua spinta propulsiva come si vedrà negli anni immediatamente successivi, anche se nell’autunno dello stesso anno affioreranno alcuni segnali negativi: l’11 settembre il governo di Unidad Popular di Salvador Allende, nato dalla vittoria alle urne, verrà violentemente stroncato dal golpe militare guidato da Augusto Pinochet. La fine del governo di Allende avrà importanti ripercussioni sulla politica italiana, il segretario del PCI Enrico Berlinguer prenderà spunto proprio dalle vicende cilene per lanciare la proposta di compromesso storico. Sempre nell’autunno 1973 gli esiti della guerra del Kippur porteranno i paesi produttori di petrolio (OPEC) a ridurre le estrazioni di greggio e ad aumentare i prezzi del petrolio innescando una crisi energetica che avrà gravi conseguenze sulle economie occidentali, metterà fine al periodo di crescita economica e darà il via ai processi di ristrutturazione industriale del modello fordista. Ciò detto, gli effetti negativi di questi eventi sulle lotte del mondo del lavoro tarderanno ancora qualche anno a manifestarsi, anzi la clamorosa vittoria del referendum sul divorzio dell’anno successivo, l’avanzata delle sinistre alle amministrative del 1975 e alle politiche del 1976, l’approvazione di importanti riforme quali il nuovo diritto di famiglia e la nascita del sistema sanitario nazionale, la conquista sul fronte sindacale del punto unico di contingenza sembrano i segnali di un profondo cambiamento avvenuto nella società in maniera irreversibile. Purtroppo sappiamo che non è stato così.

Buon Primo Maggio a tutti.

 

(1) Il CD Rom Affissione Consentita è stato ideato dalla compianta Maria Luciana Granzotto e da Claudio Zanlorenzi e alla sua realizzazione hanno collaborato: Maria Luciana Granzotto, Angelo Nordio, Chiara Puppini, Mirella Vedovetto, Claudio Zanlorenzi, Claudio Pasqual, Rodolfo Marcolin e Adriano Meneguzzi.

(2) Cfr. Introduzione al Cd Rom: “Ogni manifesto è corredato da una scheda che fornisce informazioni essenziali (l’anno, la fonte, la tipografia, l’oggetto o argomento, il titolo, la proprietà, le dimensioni)”.

(3) Del 1 maggio 1973 sono sicuramente il manifesto del PSI, quello del Fronte Unito per il socialismo e quello della manifestazione unitaria di Mestre. Incerta invece la datazione del manifesto del PCI, è sicuramente degli anni Settanta ma non è certo che si riferisse allo stesso anno. Infine abbiamo voluto inserire anche il manifesto della DC che è del 1978; anno in cui il clima nelle fabbriche e nelle piazze sta già cambiando. Siamo in pieno rapimento Moro, qualche giorno dopo, il 9 maggio, il suo cadavere verrà trovato in via Caetani. Tuttavia della vicenda nel manifesto non vi è alcun riferimento. È un manifesto in cui il carattere “neutrale” del testo è tale che potrebbe essere stato utilizzato anche per il 1 maggio di un anno diverso da quello di edizione.