domenica 27 agosto 2023

Vinicio Mettifogo, uomo e imprenditore (1925-1973) presentazione del 21 giugno 2023 ad Arzignano

 

Ripropongo qui gli appunti scritti per il mio intervento alla presentazione del libro Vinicio Mettifogo, uomo e imprenditore (1925-1973) avvenuta ad Arzignano il 21 giugno 2023. Nel libro è stato inserito - su richiesta della famiglia Mettifogo che ha promosso la pubblicazione del libro -  il mio articolo Vinicio Mettifogo, un intellettuale di estrazione e operaia con qualche lieve modifica rispetto a quello pubblicato nel mio post del 5 settembre 2021 e a quello apparso sulla pagina web di storiAmestre il 2 settembre 2021 con il titolo Note su Vinicio Mettifogo (1925-1973), che da operaio diventò progettista alla Pellizzari, e poi inventore-imprenditore in proprio



Buonasera a tutte e tutti,

prima di tutto vorrei ringraziare la famiglia di Vinicio Mettifogo per l’invito, devo confessare che sono emozionato ad esser qui anche per ragioni personali, qui - in questo edificio - mio padre ha trascorso buona parte della sua vita lavorativa, egli lavorava al reparto trasformatori che si trovava in questa parte dello stabilimento ed io sono nato e cresciuto a pochi metri da qui, in Via Santo. Ringrazio inoltre per aver voluto inserire nel volume che oggi viene qui presentato il mio articolo su Vinicio.

Ma come sono arrivato ad interessarmi a lui? Da tempo mi interesso di storia dell’industrializzazione italiana e dei conflitti sociali da essa generati, con particolare attenzione al periodo che va dal Secondo Dopoguerra alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, ovvero del miracolo economico italiano. E da un po’ di tempo la mia ricerca è rivolta alla Pellizzari, è un omaggio che intendo rendere a mio padre. La ricerca storica, la ricerca d’archivio è come un viaggio. E in ogni viaggio incontri delle persone, in questo caso non persone in carne ed ossa ma le scopri attraverso i documenti che ti trovi fra le mani. E come spesso accade nella vita vi sono incontri che segnano più di altri, che ti invitano a conoscere meglio la persona e non passar oltre. Con Vinicio Mettifogo è successo così, man mano che leggevo cose su di lui, cresceva la curiosità e la simpatia per questa strana figura di imprenditore e intellettuale schierato a sinistra il cui successo industriale non aveva fatto dimenticare le origini e le aspirazioni ad una maggior giustizia sociale.

Ora, non vorrei ripercorrere quanto ho scritto nell’articolo che, se vorrete, potrete leggere con calma. Vorrei invece soffermarmi su 2 temi particolarmente complessi in esso vengono accennati, ovvero la crisi politica ed l’abbandono del Partito Comunista a seguito dell’invasione dell’Ungheria e la crisi aziendale della Pellizzari.

Per quanto riguarda la crisi del 1956 è opportuno ricordare il quadro storico in cui svolgono i fatti. Nella primavera di quello stesso anno si aprì il XX congresso del PCUS, Stalin era morto e Kruscev con il rapporto segreto denunciò durante il congresso i crimini commessi da Stalin ed iniziò il processo di destalinizzazione volto a demolire il culto della personalità che durante il periodo precedente aveva caratterizzato il movimento comunista internazionale. L’attacco alla figura di Stalin apriva ovviamente un processo di critica e di revisione del periodo e faceva strada a molteplici sviluppi. Il ruolo di Togliatti in questa vicenda è stato quello di chiedere al movimento comunista di andare fino in fondo con la critica segnando una prima autonomia di giudizio del PCI rispetto agli altri PC (Intervista a Nuovi Argomenti di T. criticò i dirigenti sovietici non per aver fatto le rivelazioni, ma per non essere andati abbastanza avanti. Essi si erano limitati a denunciare i fatti e a parlare di degenerazioni nella società sovietica, trascurando invece di affrontare il difficile tema del giudizio storico complessivo. Quello che T. chiedeva loro, non erano solo dettagli sul culto della personalità, ma una spiegazione convincente sul come e perché – in una società socialista – a Stalin fosse stato possibile fare tutto quello che ora essi denunciavano. […] T. utilizzò l’intervista anche per introdurre per la prima volta il concetto di policentrismo […] Egli affermò che il movimento socialista internazionale non doveva più ruotare solamente attorno all’Unione Sovietica… Ginsborg, p. 276). Non si tratta di una rottura netta delle relazioni con il PCUS, ma è l’inizio di un processo lento e tortuoso non privo di contraddizioni. È chiaro tuttavia che questo smarcarsi dall’obbedienza al PCUS favorisce all’interno del PCI un dibattito più aperto alle critiche e alla democrazia interna.

L’antefatto alla rivolta ungherese sono gli scioperi degli operai polacchi di Poznan che si ribellano nel mese di giugno 1956 e che vengono repressi con 38 morti e 277 feriti, sarà proprio questa la scintilla che innesca la rivolta ungherese. E qui è importante ricordare che Di Vittorio, segretario generale della CGIL, si schiererà in difesa degli operai polacchi e contro la repressione. È il primo atto di condanna e di critica di quanto accadeva nei paesi del blocco sovietico, la condanna non fu apprezzata da tutto il PCI.

Lo scoppio della rivolta ungherese e il movimento di operai e studenti troverà all’inizio il sostegno da parte di ampi settori del PCI come dimostrano anche le dichiarazioni di Vinicio in consiglio comunale a nome del PCI arzignanese e l’ingresso dei carri armati sovietici nel territorio ungherese furono condannati da migliaia di militanti ed intellettuali comunisti. Tanto che quando la direzione del partito – su pressione sovietica – decide di appoggiare la repressione si aprirà la crisi più difficile del dopoguerra. Essa porterà all’abbandono del partito da parte di molti dirigenti ed intellettuali (ricordiamo fra gli altri Antonio Giolitti, Italo Calvino, Delio Cantimori, Natalino Sapegno, Renzo de Felice). Altri (Paolo Spriano, Rossana Rossanda, Giangiacomo Feltrinelli) non usciranno ma saranno protagonisti di una battaglia contro questa decisione. Anche se il giudizio ufficiale fu il sostegno allo stato socialista contro le forze reazionarie, in realtà dal 1956 iniziò il cammino del PCI verso una via democratica verso il socialismo, un cammino tortuoso e non privo di tentennamenti, ma oramai senza ritorno. In ogni caso, oltre i molti dirigenti ed intellettuali, il partito perse fra il 1955 e il 1957 circa 400.000 iscritti (fonte Amendola cfr. Ginsborg, Storia d’Italia dal Dopoguerra ad oggi, p. 279). 

I fatti d’Ungheria cambiarono inoltre le relazioni fra PSI e PCI, uniti da un patto d’azione sin dal Fronte Repubblicano del Lavoro, patto rinnovato di volta in volta. La netta condanna da parte del PSI dell’invasione sovietica portò alla rottura del patto e il PSI iniziò una politica svincolata dal PCI che lo portò alla formazione dei primi governi di Centro Sinistra negli anni 60. La sinistra socialista si nutrì inoltre di molti fuoriusciti dal PCI che contribuirono all’elaborazione di un nuovo pensiero sulle prospettive del socialismo (cfr. Quaderni Rossi di Panzieri) che influenzarono i movimenti giovanili di studenti ed operai negli anni sessanta.

Ecco quindi che il percorso di Vinicio Mettifogo è una decisione individuale, una crisi personale, ma corrisponde ad un movimento più ampio, più generale della società italiana del 1956.

L’altra crisi riguarda il suo lavoro alla Pellizzari, in ultima analisi il clima di crisi che si respira alla Pellizzari nel 1957 - annus orribilis. La morte di Giacomo Pellizzari alla fine del 1955 mostrerà presto un’azienda cresciuta in fretta negli anni del dopoguerra ma con alcuni nodi critici rimasti senza soluzione, non c’è soltanto la successione alla guida della società, ma anche le prospettive di sviluppo della propria produzione e una liquidità insufficiente per agganciare l’azienda alla crescita generale della domanda che comincia proprio allora. La crisi che ne seguì porto la Pellizzari, per la prima volta nel dopoguerra, a licenziare e chiudere gli stabilimenti di Vicenza e Montecchio Maggiore e alla morte prematura di Antonio Pellizzari nel 1958. 

La morte dell’amico e l’incertezza del futuro nella fabbrica spinse Vinicio, come altri tecnici che nella Pellizzari si erano formati, ad iniziare l’avventura imprenditoriale.

Il 1958-1963 l’Italia vive il miracolo economico, i ritmi di crescita della produzione industriale già molto elevati da i primi anni del dopoguerra, raggiungono cifre spettacolari, la vita della popolazione italiana, la sua dislocazione nel territorio nazionale, le sue condizioni di vita ed i suoi consumi crescono in misura inedita come dimostra – fra l’altro – la nascita dell’avventura industriale di Vinicio, ma proprio questo quinquennio segna invece una crisi profonda della Pellizzari, accentuata dalle scelte aziendali dei nuovi padroni che entrano nella società nel 1961 dopo un triennio di gestione “ordinaria” della società, fatta senza capitali freschi che le ha fatto perdere il treno del miracolo, treno che alcuni tecnici della Pellizzari hanno saputo cogliere con un nuovo inedito rapporto fra industria e territorio con la costruzione del distretto elettromeccanico che, nato in sordina, diventerà il simbolo dell’industrializzazione della terza Italia a cavallo dei 2 secoli.

Grazie e buona serata.


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