Serata strana quella del 19 aprile scorso a Valdagno. C'era la sala piena, oltre alle aspettative, per lo meno le mie aspettative. E' iniziata con il saluto della rappresentante della giunta comunale di Valdagno. Con un discorso tutt'altro che formale l'assessore ha ricordato il suo '68 valdagnese che lei era ancora bambina, ha parlato delle preoccupazioni famigliari, ma anche dei sogni e delle speranze che permeavano i giovani e la società. Un bel discorso ampiamente condivisibile. Poi il monologo letto con passione da Antonella e Flavio ed a seguire l'intervento di Paolo Brogi. Paolo ha ricordato le lotte degli operai della Marzotto di Pisa di quegli anni che lui ebbe modo di conoscere direttamente. Infine dal pubblico, sollecitato da Enrico ad intervenire e raccontare il proprio sessantotto, sono iniziati gli interventi che - pur senza trascendere - mostravano che le tensioni per quel che accadde quel giorno non si erano affatto sopite dopo cinquant'anni. Come ha detto Paolo Brogi a fine serata: "Valdagno non aveva ancora elaborato il lutto.." Poi, soltanto qualche giorno dopo, la notizia della morte di Pietro Marzotto, l'artefice assieme al fratello Paolo della svolta nelle relazioni sindacali che ha permesso l'accordo del 23 febbraio 1969 e del rilancio dell'azienda negli anni successivi. Propongo quindi alcune foto dell'incontro del 19 aprile 2018 e la mia breve postfazione alla lettura del monologo.
Buonasera a tutti, volevo soltanto aggiungere qualche nota a quanto avete appena ascoltato prima di passare la parola ad Enrico ed a Paolo Brogi che nel libro Ce n’est qu’un debut… ci racconta un 68 su scala planetaria. Come si usa dire ora passiamo da una dimensione locale ad una globale del fenomeno. Perché così è stato il 68, un movimento tellurico che ha scosso il mondo intero toccando società, paesi e regimi assolutamente diversi, e come tutti i terremoti sociali le scosse hanno un inizio, un’origine negli anni precedenti e lo sciame sismico prosegue in alcuni casi anche per molti anni a venire. In particolare in Italia ed in particolare nelle fabbriche italiane raggiungerà il suo apice nel corso dell’autunno 69, l’autunno caldo, ma la cosiddetta anomalia italiana proseguirà per oltre un decennio, almeno sino alla cosiddetta marcia dei quarantamila e la sconfitta operaia del settembre 1980 che determineranno il punto di svolta, la fine di un periodo.
Gaetano, il personaggio di cui avete appena ascoltato il racconto di quei giorni, è un personaggio inventato ma molte delle cose che dice sono in realtà tratte dai racconti di persone che hanno vissuto quegli eventi che ho intervistato nella seconda metà degli anni novanta per il mio lavoro sulla Marzotto.
Così come gli scontri di Valle Giulia a Roma del 1 marzo 1968 segnano un punto di svolta del 68 degli studenti, il 19 aprile a Valdagno dà inizio nell’immaginario collettivo al 68 dei lavoratori. Nessuna cronologia del 68 italiano scritta successivamente ha mai potuto dimenticare queste 2 date, anche Paolo Brogi vi dedica un capitolo nel libro che viene presentato stasera.
Tuttavia al di là dell’effetto mediatico dell’immagine della statua nella polvere del fondatore della dinastia industriale diffusa dalla stampa e dai media dell’epoca, l’elemento più importante è che la lotta innescata in quella giornata non si ferma lì, non è un episodio isolato ma continua nei mesi a venire fino alla decisione presa su iniziativa della Cisl – il sindacato maggioritario alla Marzotto – d’accordo con gli altri sindacati di occupare la fabbrica per dare una svolta alla vertenza. L’occupazione comincerà il 24 gennaio 1969 e si chiuderà un mese dopo con la sottoscrizione di un accordo soddisfacente per i lavoratori. Tale accordo prevedeva per la prima volta il diritto di assemblea in fabbrica e l’elezione di delegati di reparto. Diritti e forme di democrazia operaia che si estenderanno ad altre fabbriche e settori industriali soltanto con i contratti che verranno siglati nell’autunno successivo che divenne famoso come l’Autunno Caldo e divenne poi un diritto esteso a (quasi) tutti i lavoratori con l’entrata in vigore dello Statuto dei Lavoratori del 20 maggio 1970. Dico di quasi tutti perché lo Statuto non è applicabile nelle aziende con meno di 15 addetti. La carta dei diritti dei lavoratori è stato uno dei risultati più importanti delle lotte del 68 e 69 in Italia. Essa è stata e rimane uno dei punti più alti della democrazia repubblicana, un tentativo di trasformare la democrazia formale in democrazia reale estendendone i diritti fondamentali all’interno dei luoghi di lavoro. Come tutte le istituzioni democratiche poi vive momenti di maggiore e minore vitalità in funzione dei tempi e delle condizioni in cui vivono i suoi protagonisti. Il mondo del lavoro ha subito negli anni una costante precarizzazione che nega i diritti fondamentali e la dignità di chi lavora ed ha spesso esautorato nei fatti il dettato dello Statuto e da molti anni assistiamo a continui tentativi di stralcio ed abrogazione da più parti.
Un’ultima cosa su come cambiò la Direzione della Marzotto dopo l’Accordo. A chiudere le trattative sono stati i fratelli più giovani della dinastia, Paolo e Pietro Marzotto. Quest’ultimo, dopo un breve rientro in azienda del padre Gaetano Jr. divenne il nuovo Amministratore Delegato e iniziò un’era di moderne relazioni industriali fra azienda e sindacato, come ebbe a dire Giorgio Roverato, lo storico che ha studiato più a fondo la Marzotto. Egli rimase alla guida del gruppo fino ai primi anni del nuovo secolo quando gli successe una nuova generazione ed una nuova evoluzione della società.
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